La prima volta da capo allenatore nel 2008, il ritorno nel 2019, prima la salvezza larga poi, come ricorda la nota del club, “tre anni e mezzo meravigliosi e terribili”. A marzo scorso la malattia torna a farsi sentire con durezza, A settembre le strade si separano. “La scelta più sofferta della mia gestione ” lo disse all’epoca e lo ribadisce ora il presidente Joey Saputo, che si dice profondamente addolorato, ricordando l’alternanza di “atteggiamenti burberi e una dolcezza e simpatia fuori dal comune”. Ma il legame con la città era indissolubile, formalizzato a Palazzo d’Accursio in quel giorno di 13 mesi fa, il conferimento della cittadinanza onoraria.

quando è morto mihajlovic

Gli stessi arrivati in diversi stadi d’Italia nell’ultimo triennio. E’ passato poi alla Lazio e in maglia biancoceleste vinse diversi trofei. Coi nerazzurri conquistò tre titoli e si confermò fondamentale nonostante gli anni. Due Scudetti in Italia e tre in Jugoslavia, quattro Coppe Italia, tre Supercoppe italiane, una Coppa dei Campioni, una Coppa Intercontinentale, una Coppa delle Coppe e una Supercoppa Uefa. È stato inoltre scelto come calciatore jugoslavo dell’anno nel 1999. Mihajlovic era nato a Vukovar il 20 febbraio 1969, proprio alle sue origini deve il suo carattere, tosto e deciso.

Ci sono esistenze che scivolano via, passano quasi senza lasciare traccia. Alcune brillano per il successo, altre restano cupe e piene di dolore. Quella di Mihajlovic è stata ogni cosa, una vita tanto piena da racchiuderne i sensi più estremi.

A partire dalla fine del 2016 e fino al 2018 ha guidato il Torino e successivamente lo sporting Lisbona. Il ruolo di allenatore viene interrotto da problemi di salute. Nel 2008 inizia la sua carriera da allenatore, proprio dove è finita, sulla panchina del Bologna. In seguito guida Catania, Fiorentina, la Nazionale serba, poi Sampdoria, Milan, Torino, poche settimane allo Sporting Lisbona e di nuovo il Bologna fino al 6 settembre scorso.

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La leggenda di Sinisa in Liguria nasce nel luglio del 1994, quando viene acquistato in prestito dalla Sampdoria. Riscattato dai blucerchiati nell’estate successiva, vive a Genova una serie di stagioni soddisfacenti insieme a, uno su tutti, Roberto Mancini, attestandosi come uno specialista dei gol su calcio di punizione. Il legame con la Liguria e lo storico club genovese riprende nel 2013, con il ritorno in blucerchiato di Mihajlovic, ma in panchina, regalando ai tifosi attimi magici e vedendosi strappare la Coppa Italia, nel 2015, dall’Inter dell’ex compagno di squadra Mancini.

Mi hanno raccontato che avevo già un’arietta da duro», racconta, e per chi lo ha visto giocare e allenare non è difficile da credere. La seconda nascita è il 29 ottobre del 2019, all’Ospedale Sant’Orsola di Bologna, il giorno in cui gli venne annunciata quella malattia che oggi ha avuto la meglio sulla sua grinta di sergente. L’allenatore serbo è morto a 53 anni dopo una lunga battaglia contro la leucemia che durava dal luglio del 2019. Mihajlovic ha combattuto la malattia con il suo carattere da guerriero fino all’ultimo senza riuscire nell’impresa di salvarsi la vita. A inizio dicembre aveva fatto la sua ultima apparizione pubblica, a Roma, in occasione della presentazione di un libro.

  • Corvino, nel 2010, all’epoca direttore tecnico della Fiorentina, volle a Firenze Mihajlovic come allenatore.
  • Simbolo di un mondo del calcio che forse non esiste più, il tecnico ha scavato nei cuori di tutti i tifosi bolognesi, pronti ad accoglierlo a Bologna con affetto anche dopo l’esonero dello scorso settembre.
  • Dalla Coppa dei Campioni conquistata con la Stella Rossa, agli scudetti con Lazio e Inter.
  • La febbre si è alzata di colpo e nel tardo pomeriggio del giorno seguente, lunedì 12 dicembre, le condizioni di salute dell’ex calciatore sono ulteriormente peggiorate.
  • I suoi buoni risultati lo riportano in nazionale, questa volta, però, con la maglia della Serbia e si concilia con il forte senso nazionalistico.

Perché alla fine Sinisa Mihajlovic ci ha lasciati, a Roma, nella clinica Paideia in cui ha trascorso gli ultimi giorni. Tantissimi i messaggi di cordoglio nei suoi confronti da parte delle sue squadre, dei suoi calciatori, dei suoi avversari. Tutti uniti e stretti attorno alla famiglia Mihajlovic in questo momento di profondo dolore. Editoriale di Marco Piccari Pogba tornerà calciatore decisivo? Balla, canta e partecipa alle feste per la vittoria della sua nazionale, ma in campo non si vede…

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Cuore di lottatore, la malattia non gli aveva impedito di continuare ad allenare anche quando entrava e usciva dall’ospedale. «Mi chiamo Siniša e sono nato due volte», sono le prime parole della sua autobiografia, scritta col giornalista Andrea De Caro. La prima a Vukovar nel 1969, in quella che oggi è Croazia, ma all’epoca era ancora la Jugoslavia di Tito.

Anche i tifosi del Bari hanno voluto ricordare il tecnico ed ex calciatore Sinisa Mihajlovic con uno striscione. Un segno d’affetto e rispetto dei supporter biancorossi verso l’uomo di sport deceduto prematuramente questo pomeriggio. A inizio settimana, quando anche Vialli annunciò l’inizio di un nuovo stop a causa della malattia, si era sparsa la voce della sua morte, subito negata.

Dal mondo del calcio ai politici, il ricordo di un personaggio che ha scritto la storia del calcio italiano. Iniziate le cure contro la leucemia Mihajlovic non ha mai rinunciato ad andare ad allenare in campo e a essere fisicamente presente alle partite, quando possibile. Poche settimane dopo la scoperta della malattia Sinisa Mihajlovic era infatti tornato in campo, anche grazie a un donatore di midollo americano. La carriera di Sinisa Mihajlovic è stata di altissimo livello, sia da calciatore sia da allenatore.

Orsola, gli scienziati ringraziati dalla famiglia, madre, moglie, i cinque figli, la nipotina e il fratello, che parlano di una morte ingiusta e prematura. Gli allenamenti in videoconferenza, i cori della squadra sotto la finestra della stanza d’ospedale, l’inatteso ritorno in panchina a Verona, 44 giorni di ricovero dopo, contro il parere dei medici. “Adesso lotterò anche per te” uno dei tanti messaggi arrivati anche alla nostra redazione. Non sempre mettendo tutti d’accordo, sicuramente trascinando. Sinisa Mihajlovic, fino al 6 settembre scorso allenatore del Bologna, è morto in una clinica di Roma. Il 13 luglio del 2019 Mihajlovic annunciò in conferenza stampa di essere malato di leucemia mieloide acuta e di doversi sottoporre a cure immediate.

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Era la sua specialità e quando passò alla Sampdoria, a seguito delle sue numerose reti su calcio piazzato, l’Università di Belgrado elaborò una serie di studi proprio sulle sue punizioni. Il suo sinistro è passato alla storia anche (160 km/h la velocità massima raggiunta secondo lo studio fatto proprio sui suoi calci di punizione), che gli ha permesso di realizzare ben 42 gol in carriera su calcio piazzato. Come detto anche in diretta a Radio DEEJAY, Sinisa Mihajlovic lottava dal 2019 con una malattia, una grave forma di leucemia. L’allenatore del Bologna lo aveva annunciato in una conferenza stampa convocata per l’occasione nel luglio di quell’anno.

Sinisa Mihajlovic è morto oggi a Roma, all’età di 53 anni dopo tre di battaglie intense. Lo ricorderemo sempre per la fierezza con cui ha combattuto, per tre anni, il male che l’aveva colpito. E per l’atroce ruolo che gli era toccato rappresentare, quello più drammatico, purtroppo da Galata morente, dell’uomo che vanamente si ribella al destino fino all’ultimo istante, ma è costretto a soccombere.

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Lo annuncia oggi la famiglia del tecnico serbo, definendo la sua morte «ingiusta e prematura». «La moglie Arianna, con i figli Viktorija, Virginia, Miroslav, Dusan e Nikolas, la nipotina Violante, la mamma Vikyorija e il fratello Drazen, nel dolore comunicano la morte ingiusta e prematura del marito, padre, figlio e fratello esemplare, Sinisa Mihajlovic». Come allenatore il Sergente era noto per la decisione e la severità con cui spronava i propri giocatori a dare il meglio di sé stessi, oltre che per la tendenza a dare fiducia agli elementi più giovani della rosa. Sinisa Mihajlovic è morto in una clinica di Roma a 53 anni. L’allenatore ed ex calciatore serbo era da tempo malato di leucemia.

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Da domenica 11 dicembre era ricoverato presso la clinica Paideia per un’infezione diventata in pochissimo molto grave a causa del sistema immunitario compromesso dalla malattia e dalle terapie. Da lunedì era entrato in coma farmacologico, fino ad oggi quando è stata data la triste notizia. Al suo fianco, fino all’ultimo istante, tutta la sua famiglia, a partire dall’amata moglie Arianna.

Siamo al 28 gennaio del 2019 e il Bologna lo richiama di nuovo in panchina per subentrare a Filippo Inzaghi. Con lui la squadra ha sempre raggiunto la salvezza in Serie A e ha ottenuto anche risultati importanti giocando contro i club più forti del campionato. All’inizio della sua quarta stagione con il Bologna viene esonerato, con molte polemiche, lo scorso 6 settembre dopo una striscia di risultati non convincenti. Il suo destino lo riporta nuovamente alla Sampdoria prima di andare al Torino. A mala pena è riuscito ad assaporare un’esperienza internazionale quando venne esonerato dopo solo nove giorni da quando è stato scelto come tecnico dello Sporting Lisbona in Portogallo a causa del cambio di proprietà della società. Da settembre, dopo essere stato sollevato dal suo ultimo incarico in panchina a Bologna, l’ex difensore e tecnico aveva ricominciato a combattere contro il male, con l’intenzione di non arretrare di un millimetro nonostante le sofferenze fisiche che doveva sopportare.

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C’erano il sindaco, Matteo Lepore e il presidente della Regione, Stefano Bonaccini. “Una delle più importanti per il nostro Comune”, ha scritto il primo cittadino, ricordando quella cerimonia e parlando di una città colpita dal lutto, “grande uomo coraggioso” l’omaggio del secondo. Il loro cordoglio è lo stesso di tanta politica e della Premier, Giorgia Meloni, che scrive “hai sempre lottato come un leone”. Riccardo Orsolini è uno dei suoi giocatori, “hai fatto sì che tutti i sogni che avevo da bambino si realizzassero”. Uno dei motivi per i quali, come ricorda il suo Bologna, Sinisa ha “vinto anche stavolta.